La comunicazione digitale dal punto di vista dei professionisti: una domanda, una ricerca

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Come ben sapete, se ci leggete o ci seguite da un po’ di tempo, in Psicologi Digitali crediamo che i social network possano essere una grande risorsa per tutti.

In quanto Psicologi e Psicologhe, per modus operandi, cerchiamo sempre di porci delle domande che ruotino attorno a come un soggetto percepisce un certo fenomeno. 

In questo caso, durante la nostra esperienza di lavoro (e durante le pause caffè, lo ammettiamo) ci siamo chiesti “sarebbe interessante capire quali sono le emozioni, sensazioni e paure che percepiscono i liberi professionisti nella loro presenza social quotidiana”.

Detto, fatto.

Il focus group che abbiamo tenuto nasce proprio da questa domanda, dall’esigenza di capire in che modo le persone affrontano i canali digitali.

Abbiamo quindi selezionato 4 liberi professionisti abbastanza attivi sui social network e abbiamo approfondito le loro esperienze.

Ecco cosa è emerso.

La digital literacy

In primo luogo, abbiamo chiesto quale fosse la loro digital literacy, ovvero la loro “alfabetizzazione informatica”.

Tutti i nostri partecipanti affermano di avere delle buone capacità di digitalizzazione e di differenziare i loro contenuti per i diversi tipi di social.

Non abbiamo quindi rilevato una omogeneizzazione dei contenuti: ad ognuno il suo. LinkedIn non è Instagram ed essendo diversi vanno usati per creare contenuti diversi.

Se da un lato la digitalizzazione non spaventa, dall’altro sicuramente essa è una possibile ancora alla nostra presenza online.

Non capire quale sia la logica che sottostà ad un certo social crea una distanza tra noi e il social che ci fa sentire come fuori luogo, alimentando un sentimento di frustrazione.

digital literacy

Le spinte e i rischi

Ciò che ci spinge ad avere una presenza online è sicuramente la sua natura: il poter accedere a una vastissima quantità di informazioni in modo immediato. 

La possibilità di arricchire le proprie conoscenze, di imparare cose nuove e di incontrare, anche solo virtualmente, nuovi volti. Sono tutti elementi per i quali internet viene visto come luogo positivo. 

Dall’altro lato della medaglia, però, la comunicazione online è anche piena di insidie e paure.

L’ostacolo maggiore che abbiamo riscontrato sta nel rischio di essere percepiti in modo sbagliato. Ciò può accadere in due modi: 

  • in assenza di una buona strategia di marketing
  • attraverso una comunicazione social sbagliata, anche involontaria

Se il primo punto diventa cruciale soprattutto per i liberi professionisti, il secondo diventa importante un po’ per tutte le persone che si approcciano ai social.

Una buona strategia dei contenuti ci permette di essere percepiti come competenti. In un mondo dove la concorrenza può essere vasta e spietata, essere percepiti come degli esperti può portare a benefici economici e d’immagine.

“Io mi chiedo sempre: qual è lo scopo del messaggio?” è stata una delle frasi chiave nella nostra chiacchierata. 

Il messaggio che si vuole mandare diventa motivo di interesse per evitare eventuali hater che possono minacciare la nostra presenza online. 

A proposito di hater, sebbene la rabbia sia una delle emozioni maggiormente presenti sui social, dal nostro focus group è emerso che nessuno ha mai molta voglia di litigare….

A proposito di ciò, un ulteriore aspetto interessante è quello che potremmo racchiudere nell’affermazione “non voglio ferire perché non voglio essere ferita”, dovuto probabilmente ad una sorta di rispecchiamento tra me e gli altri, tipico delle interazioni sociali e presente anche nei contesti digitale.

Il fine della comunicazione digitale viene quindi visto soprattutto in un’ottica positiva: si cerca di suscitare una riflessione nell’altro, attivando un meccanismo di contagio emotivo positivo. Ovvero, una forma di contagio sociale che comporta la diffusione spontanea di emozioni e comportamenti correlati. 

Questa responsabilità, verso di sé e verso le altre persone, viene vista sia come un possibile freno, ma anche come un vento che ci spinge a voler comunicare e condividere valore.

La possibilità di creare qualcosa, di creare del bene, ha una maggiore spinta rispetto al “distruggere” qualcosa.

presenza online

Conclusioni

L’esperienza del focus group ci ha insegnato ancora una volta qualcosa di estremamente prezioso.

Per quanto vi siano alcune logiche, sentimenti e pensieri comuni nel funzionamento delle persone, ogni essere umano vive le esperienze secondo una propria soggettività, incluse quelle che coinvolgono i contesti digitali. Per qualcuno terre spaventose in cui è difficile orientarsi, per altri invece orizzonti da esplorare e pieni di opportunità.

È importante ricordarsi una cosa, prima di iniziare qualsiasi viaggio è fondamentale ascoltare e ascoltarsi.

Sei un libero/a professionista e desideri esplorare i contesti digitali ma c’è qualcosa che ti frena ancora nel farlo? Possiamo affiancarti in questo percorso.

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Giovanni Vedani
Laureato in Psicologia per il Benessere. "E così sei uomo di scienza? Sì ma, niente di serio"
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