La psicologia dietro l’employer branding: attirare e fidelizzare talenti

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Vi siete mai chiesti come mai veniamo attratti da una persona in particolare? 

In questo articolo approfondiremo come la psicologia spieghi il modo in cui si formano le prime impressioni quando conosciamo qualcuno per la prima volta, e come le aziende sfruttino questi principi in strategie di employer branding per fidelizzare i propri dipendenti.

Self presentation ed employer branding

Spesso ci interroghiamo sulla prima impressione che qualcuno ci lascia.

In Psicologia questo fenomeno è noto come self presentation, ovvero il modo in cui scegliamo di presentarci agli altri, a volte adottando delle vere e proprie strategie.

Molte aziende sono consapevoli di quanto questo meccanismo sia efficace, pertanto sfruttano il concetto di employer branding per attrarre a sé dei “pezzi unici”. 

Di cosa si tratta? Utilizzare una linea d’azione mirata ad attrarre, motivare e “trattenere” i talenti affini all’interno di un’azienda, attraverso una presentazione efficace di sé

Più nello specifico, gli obiettivi dietro l’employer branding riguardano: 

  • Attrarre dei talenti all’interno dell’azienda, i quali avranno bisogno di soddisfare una serie di bisogni da parte dell’employer (il datore di lavoro); uno fra tutti quello che nella sua piramide Maslow posiziona in cima: l’autorealizzazione;
  • Mettere in piedi delle strategie funzionali basate sulla comprensione dei propri dipendenti e nuovi arrivati. Esse devono puntare sui bisogni e sulle motivazioni personali di ogni persona. 

Un esempio per ottenere questo risultato potrebbe essere quello di creare un ambiente diversificato e inclusivo in grado di supportare e riconoscere i contributi personali di ognuno. O ancora, promuovere l’innovazione, e dare di volta in volta nuovi scopi e obiettivi da raggiungere.

L’azienda come persona 

Edgar Schein affermava che: “le organizzazioni possiedono personalità e clima”. Il noto (ai più) Psicologo del lavoro sottolineava così la profonda somiglianza tra le dinamiche delle organizzazioni e quelle personali.

Le aziende, al pari delle persone, sono come un libro, caratterizzato da complessità e ricco di sfaccettature. Sono portatrici di storie, valori, e ideali; dopotutto un’azienda non è semplicemente un’entità astratta, ma un’organizzazione formata da persone che la rappresentano e portano avanti obiettivi comuni.

Le organizzazione strutturano man mano una vera e propria cultura organizzativa che vuole trasmettere non solo al mondo esterno, ma anche alla propria squadra di lavoro.

La cultura organizzativa viene trasmessa anche attraverso i canali di comunicazione, che fungono da potenti veicoli per raccontare le storie che hanno contribuito nel creare un’identità precisa e ben definita. Comunicare la propria mission e la propria visione aiuta a consolidare l’immagine aziendale e a costruire un ponte empatico tra le persone che ne fanno parte. 

Simile attira simile: uno sguardo psicologico alle organizzazioni  

Una volta che l’azienda ha costruito una propria identità e la comunica in modo chiaro e diretto, va alla ricerca di un team capace di contribuire alla realizzazione di progetti e in grado di dare valore a quella realtà. Questa interconnessione persona-azienda spesso è facilitata quando la persona “fitta” (ovvero, si trova in sintonia) con la cultura aziendale.

Lo psicologo Benjamin Schneider ha sviluppato il modello ASA, acronimo di attrazione, selezione e attrizione. In sintesi, il modello postula che le organizzazioni tendono a creare omogeneità al suo interno attraverso 3 processi:

1. Attrazione: le persone tendono ad essere attratte da una realtà organizzativa che condivide gli stessi valori e ideali;

2. Selezione: dall’altra parte le aziende tendono ad assumere persone in grado di generare un buon fit in termini di cultura, mission, attitudine e abitudine organizzativa;

3. Attrizione: capita che in molti non riescono a sintonizzarsi con la cultura organizzativa e “mollano la presa”.

In altre parole, il modello sottolinea che non basta solo essere in grado di svolgere determinate mansioni, ma è essenziale un valore aggiunto che motivi sia l’individuo che l’organizzazione.

Questo processo non fa che aumentare quella che è l’appartenenza verso un gruppo (in questo caso l’azienda) in grado di motivare nella realizzazione di un lavoro efficace ed efficiente. 

Conclusioni 

Una volta formalizzata una strategia di employer branding è essenziale condividerla e applicarla. In questo, sono essenziali i canali di comunicazione come la pagina web o i profili social in grado di restituire uno specchio della realtà organizzativa includendo storie e successi dei dipendenti.

Questi strumenti digitali non solo diventano una piattaforma in grado di promuovere servizi o prodotti, ma svolgono una potente funzione comunicativa attraverso post, articoli, foto o testimonianze. In sintesi, le pagine web o i profili social, sono essenziali per dipingere un quadro veritiero dell’azienda. 

È importante quindi creare delle vere e proprie campagne di employer branding e partecipare a convegni dove presentare la propria cultura e i propri valori, per attrarre talenti in linea con la visione aziendale.

Per ulteriori approfondimenti sulla Psicologia, sul mondo della comunicazione e del Digital marketing, visita il nostro blog e seguici sui canali social!

Immagine di Miriam De Cicco
Miriam De Cicco
Laureanda in Psicologia Sociale Economica e delle Decisioni. Appassionata di musica, cinema... e Psicologia. Introspettiva e creativa, esploro le dinamiche delle decisioni umane e sociali per comprendere meglio il comportamento e le emozioni.
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